Nardò e Porto Cesareo, due depuratori per un unico problema – Ambient&Ambienti

2022-09-03 03:16:39 By : Ms. Helen Huang

È da tempo che si parla del sistema di depurazione di Nardò e Porto Cesareo, due città prima unite in un solo comune ma da qualche decennio indipendenti l’una dall’altra. Nardò e Porto Cesareo, da sempre sorelle per una non comune bellezza e unite da un sistema di relazioni, ma ora l’un contro l’altra armate a causa dei rispettivi depuratori dei reflui urbani.

E se Nardò ha un suo depuratore ma non ha un sistema di smaltimento per cui i reflui finiscono in battigia, Porto Cesareo ha un suo depuratore che però non è mai entrato in funzione perché manca il sito di smaltimento finale. In realtà inizialmente era costituito dal mare Jonio a cui giungere con una condotta sottomarina unica con Nardò, condotta che però venne messa in discussione perché andava a incidere sui grandi valori ambientali presenti lungo la costa e nel mare di Nardò e Porto Cesareo. Si pensò così di smaltire i “prodotti”  del depuratore  in un sistema integrato di riutilizzo in agricoltura (ma dopo un processo di affinazione spinta dei reflui) che avrebbe consentito di trasformare in risorsa le acque purificate dai due depuratori, evitando lo spreco di uno scarico in mare. Ma le cose non sono andate così.

Il Piano di Tutela delle Acque (PTA) pugliese ha individuato dove andrebbero a finire materialmente gli scarichi rivenienti dagli impianti di depurazione dei due comuni di Nardò e Porto Cesareo; ha individuato anche i trattamenti a cui devono essere sottoposti i reflui ed i relativi limiti allo scarico.

Porto Cesareo raccoglierebbe i reflui sia dell’agglomerato urbano del paese che quelli degli abitati di Console, Eurovillage, Il Poggio, La Strea, Punta Prosciutto, Salmenta, Scala di Fumo, Scinnute, Torre Castiglione, Torre Lapillo, per un carico generato pari a 29.429 Abitanti Equivalenti (AE). Il PTA. aveva individuato, quale recapito finale il mare Jonio, mediante condotta sottomarina consortile con l’impianto di depurazione di Nardò.

La Commissione Europea aveva avviato un apposito contenzioso nei confronti dello Stato italiano per l’agglomerato di Porto Cesareo, sfociato poi in una causa e con la sentenza di censura del 19 luglio 2012 (che colpiva altri 108 agglomerati nel territorio italiano oltre Porto Cesareo).

La Regione Puglia, per porre fine al calvario ammnistrativo e giuridico nonché alle sanzioni, e per fronteggiare gli effetti della procedura d’infrazione, già con una DGR del 2011 (la n. 240), aveva dichiarato che era interesse prioritario rimuovere con la massima urgenza le criticità che ancora non consentivano all’impianto di depurazione di Porto Cesareo di entrare in funzione. Sono passati ben 10 anni ma le lungaggini burocratiche non si sono accorciate neanche davanti alle emergenze ambientali. E il depuratore è lì che si avvia a diventare un rudere.

Nonostante le attività promosse dalla Regione Puglia, tutte finalizzate ad adeguare e potenziare il depuratore, nonché a realizzare una condotta sottomarina consortile che allontanasse in mare i reflui depurati negli impianti di Nardò e di Porto Cesareo, e perfino a prevedere un adeguamento tecnologico anche per il depuratore di Nardò, oggi non si è comunque riusciti a raggiungere l’obiettivo di far entrare in esercizio l’impianto di Porto Cesareo. Tra l’altro lo Stato – e quindi la regione Puglia – sta ancora pagando i risarcimenti imposti dall’UE. Eppure quel depuratore a Porto Cesareo è  fondamentale anche perché costituisce il primo passo per il successivo allaccio alla rete fognaria delle utenze dell’abitato.

C’è da dire che il Comune di Nardò si è sempre opposto alla realizzazione della condotta sottomarina, ottenendo nel 2016 una prima vittoria, visto che riuscì a ottenere che la Giunta regionale nel 2017, con apposita delibera (la n. 2319  del 28 dicembre, stabilisse che il recapito finale di entrambi gli impianti di depurazione a servizio degli agglomerati di Porto Cesareo e di Nardò venisse modificato in un recapito integrato “riuso/suolo/ mare Jonio in battigia”. In buona sostanza la previsione è di avviare il riuso integrale in agricoltura e per gli altri usi civili ed industriali compatibili. In caso di esubero, scatta lo sversamento in mare Jonio, convogliando i reflui depurati in battigia nello stesso punto dove scarica attualmente l’impianto a servizio dell’agglomerato di Nardo (in località Torre Inserraglio).

Questa previsione è stata poi inserita nel nuovo piano (il PTA 2015-2021) attualmente solo adottato con la DGR n. 1333 del 16 luglio 2019. Il Piano deve però essere ancora approvato e perciò tale previsione non rappresenta un obbligo; di conseguenza tutte le variazioni proposte per lo scarico devono passare sotto il giogo di una VIA o una verifica di VIA. Ad oggi, qualsiasi soluzione allo scarico che sia tecnicamente perseguibile per consentire di attivare l’impianto di depurazione a servizio dell’agglomerato di Porto Cesareo, diversa da quella in condotta sottomarina, deve obbligatoriamente essere sottoposta alla valutazione ambientale.

La Regione ha quindi proposto di realizzare, in attesa del nuovo Piano e per superare la procedura di infrazione, delle trincee drenanti: in realtà si tratterebbe di trincee assorbenti e che consentono di smaltire nel sottosuolo i reflui depurati. La loro location  tranquillizza il comune di Nardò perché l’intervento viene individuato a Porto Cesareo nell’area del depuratore. Ma Porto Cesareo dice no, e sposta il recapito verso il depuratore di Nardò, nel territorio di quest’ultimo. Chissà, forse la paura è che la realizzazione di queste trincee a Porto Cesareo possano diventare definitive e non portare più all’allaccio a Nardò?

Ma, sul fronte opposto, nasce forse un’altra paura: quella che lo scarico in battigia a Nardò diventi definitivo, scaricando lì gli effetti dei malfunzionamenti di Porto Cesareo. Il solito contrasto che si manifesta in casi simili ma a cui occorre dare una saggia soluzione con una corretta gestione degli impianti.

Nello scorso luglio la Giunta Regionale ha quindi deciso la modifica temporanea per lo scarico del depuratore di Porto Cesareo in variante alle previsioni del PTA 2009-2015 e della proposta di aggiornamento (2015-2021) approvata dalla Giunta regionale nel luglio 2019: l’effluente depurato dell’impianto di Porto Cesareo sarà scaricato sul suolo mediante trincee drenanti situate all’interno della stessa area dell’impianto di depurazione realizzato, per un volume massimo giornaliero di 500 mc/g, mentre l’eccedenza e/o l’eventuale scarico di emergenza avverrà in battigia nell’attuale punto di scarico del depuratore di Nardò (in località Torre Inserraglio), “fermo restando l’obiettivo del riuso”.

Dunque l’iter dei reflui sarebbe questo: arrivo in depuratore, trattamento, affinamento/depurazione, riutilizzo, eventuale scarico in mare di acqua depurata. C’è da chiedersi se non sia possibile un’altra soluzione, evitando così di disperdere la preziosa risorsa acqua in mare, per giunta dopo aver speso tanti soldi per affinarla. Spendere tanto per buttare è veramente insopportabile. Quell’acqua potrebbe essere utilizzata tutta e subito in agricoltura.

E intanto sulle trincee ha deciso ora la Provincia di Lecce. L’ente ha stabilito che il progetto deve scontare una vera e propria valutazione di impatto ambientale, dato che non vi è certezza che non arrechi danno all’ecosistema. E intanto Nardò e Porto Cesareo, sorelle accomunate dalle strepitose bellezze naturali, continuano la loro guerra, l’un contro l’altra armate.

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